La scure del caro energia stia colpendo tutta l’Europa, ma in Italia rischia di creare danni particolarmente gravi alle imprese. La recente relazione del Centro Studi di Confindustria è chiara su questo argomento: la nostra economia sta perdendo competitività rispetto ai nostri principali competitor europei, a causa dei rincari del gas e dell’elettricità.
L’aumento dei costi per l’economia italiana è stimato tra i 5,7 e i 6,8 miliardi in più al mese, che significa tra 68 e 81 miliardi su base annua. Il più colpito con aumenti fino a quasi 32 miliardi annui è il settore manifatturiero, quello che più di altri rischia di perdere competitività.
Anche prima delle recenti dinamiche al rialzo, l’impatto dei costi energetici per le imprese nazionali era maggiore rispetto ai nostri vicini europei. Le differenze nel biennio 2018-2019 erano relativamente contenute rispetto alla Germania (0,6 punti percentuali) ma già significative rispetto alla Francia (1,6 punti percentuali). Poi, con l’aumento dei prezzi delle commodity, nel 2021 la differenza nell’incidenza dei costi energetici dell’Italia dalla Germania aveva superato un 1 punto percentuale, e ben 2,6 punti dalla Francia. E nel 2022 il divario con la Germania potrebbe aumentare fino a 2,1 punti percentuali e fino a 4,9 rispetto alla Francia.
Le stime di Confindustria prevedono che, se l’aumento dei prezzi non dovesse rientrare, per l’industria italiana l’incidenza dell’energia sul totale dei costi di produzione crescerà nettamente, arrivando superare l’8,0% rispetto al 4,0% nel periodo pre-crisi: più del doppio, insomma, un valore che per alcuni comparti rischia di essere davvero pesante. In realtà non se la passano benissimo nemmeno l’industria francese (4,8% contro il precedente 3,9%) e soprattutto quella tedesca (7,2% dal 4,0% pre-crisi).
Ci saranno dei settori industriali più colpiti di altri? Le stime di Confindustria dicono di sì. In particolare, tra i settori energivori sarà colpito soprattutto quello del legno (con una variazione nell’incidenza dei costi di +6,3 punti percentuali rispetto al pre-pandemia), della gomma-plastica (+5,6), dei minerali non metalliferi (+8,8) e della chimica (+4,5), mentre per la metallurgia, nonostante figuri come il settore italiano più colpito in assoluto dalla crisi energetica, il rincaro sarebbe addirittura maggiore in Germania (+12,4 punti percentuali).
Perché l’Italia è più colpita di Francia e Germania dal caro energia?
Il caro energia pesa in maniera differente nei Paesi europei prima di tutto a causa del diverso mix di fonti energetiche utilizzate, sia per quanto riguarda gli acquisti diretti delle imprese per alimentare la propria attività, sia indirettamente attraverso la fornitura di energia. Sulla base delle elaborazioni dei dati Eurostat, risulta che il gas naturale è la fonte prevalente di consumo in Italia sia per il settore della distribuzione di energia che poi viene erogata sotto forma di gas ed elettricità (49% del totale nel 2019) sia direttamente per la manifattura (76%). In Germania, invece, il “peso” del gas sul mix energetico è decisamente inferiore, così come in Francia. Questo implica che variazioni dei prezzi del gas come quelle che stiamo osservando in questi mesi (e che trainano al rialzo anche il prezzo dell’elettricità), abbiano un impatto proporzionalmente maggiore nel caso delle filiere industriali italiane.
Il secondo fattore è legato alla forte dipendenza italiana dall’estero: importiamo energia per il 78% del nostro fabbisogno. La Germania utilizza più del 50% di energie rinnovabili per la produzione di elettricità e può contare ancora su una parte di energia nucleare. E l’energia atomica soddisfa ancora più del 70% del fabbisogno energetico dei francesi.
Lo scenario futuro
Lo scenario internazionale è stato caratterizzato nel corso degli ultimi diciotto mesi da una corsa eccezionale dei prezzi di tutte le materie prime, ma il gas è stato protagonista assoluto dei rincari. Il suo cui prezzo in Europa già a gennaio del 2022 era cresciuto del 421% rispetto al dicembre 2019.
La guerra in corso ha drammaticamente peggiorato un trend già in atto, perché la Russia copre quasi metà delle importazioni UE di gas, il 44% di quelle di carbone e quasi il 25% per quelle di petrolio (per sapere di più sulle cause del caro energia leggi anche Perché il prezzo dell’energia è alle stelle?). E ora le riduzioni delle forniture e i timori di un taglio totale degli approvvigionamenti russi peggiora ulteriormente il quadro.
Puntare su efficienza, fonti energetiche e nuove tipologie di contratti
Per mantenere margini economici sufficienti e salvare la competitività le imprese hanno di fronte a sé un percorso obbligato: spingere sull’efficienza energetica e l’auto produzione di energia. Tecnologie efficienti, cogenerazione, fotovoltaico, dovrebbero essere in questo momento una priorità nella “lista della spesa”, perché in grado di ripagarsi ora più velocemente che in passato, senza dimenticare che strumenti innovativi come i contratti EPC consentono di investire senza anticipare liquidità. Lo scorso anno gli investimenti in efficienza delle imprese sono tornati a crescere i Italia, ma sicuramente non è abbastanza per fronteggiare l’attuale situazione.